Nel panorama del pensiero occidentale, il filosofo greco Platone è universalmente riconosciuto per la sua teoria delle Idee e il suo approccio razionale alla conoscenza. Meno noto, ma altrettanto affascinante, è il suo profondo interesse per la danza, un'arte che egli non considerava solo un mero intrattenimento, ma un potente strumento per l'anima. Le sue riflessioni, contenute principalmente nelle Leggi, offrono spunti sorprendentemente moderni che possono essere messi in parallelo con i successivi studi etnografici.
La danza come espressione naturale dell'anima
Platone vedeva la danza come una forma di espressione intrinseca alla natura umana, la prima e più spontanea manifestazione di gioia e benessere. Nel Libro II delle Leggi, egli afferma che:
"La natura stessa ha dato a ogni creatura vivente un senso del ritmo e dell'armonia, e per mezzo di questi elementi la danza si sviluppa spontaneamente. I giovani, in particolare, quando sono felici e gioiosi, non possono stare fermi, ma si muovono continuamente e in modo ritmico."
In questo passaggio, la danza è presentata come un prolungamento naturale dei movimenti istintivi che i bambini usano per esprimere le proprie emozioni, specialmente la felicità.
La danza come strumento terapeutico
Ma la visione di Platone andava oltre il semplice divertimento. Egli riconosceva alla danza un potere catartico e curativo, specialmente in un'epoca in cui le malattie dell'anima non erano viste come disturbi mentali, ma come squilibri interiori. Nel Libro VII delle Leggi, il filosofo descrive come i movimenti rituali, come quelli delle danze dionisiache, potessero riportare l'equilibrio nelle persone turbate da conflitti interiori e stati di agitazione.
"Quando le persone soffrono di agitazione interiore e di paura, è opportuno che si muovano e che, con danze e ritmi adeguati, scuotano i loro corpi e le loro anime, affinché l'agitazione si plachi e la mente ritrovi la serenità."
In queste parole, Platone descrive un vero e proprio "scuotimento" dell'anima, un'azione fisica che permette di liberare le tensioni e ristabilire la pace interiore. L'atto di muoversi ritmicamente e con intensità, anziché sopprimere le emozioni, le canalizza, permettendo all'individuo di superare i propri conflitti interiori e raggiungere uno stato di calma e serenità.
La Taranta di Ernesto de Martino: Un Ecosistema di Ritmo e Cura
Questo concetto platonico di danza come strumento di guarigione trova un sorprendente eco negli studi di Ernesto de Martino sulla "taranta" o tarantismo, un fenomeno etnico-religioso del Sud Italia. Nel suo celebre saggio La terra del rimorso, de Martino esplora il rituale coreutico-musicale utilizzato per curare le persone affette da uno stato di malessere psico-fisico, che si credeva fosse causato dal morso di un ragno mitologico.
Il rituale come guarigione
De Martino descrive i "tarantati" (coloro che erano stati morsi) e il loro bisogno di danzare in modo frenetico, seguendo un ritmo musicale specifico, per sfogare l'ansia e la sofferenza. L'etnologo sottolinea l'importanza del rito collettivo che permetteva ai tarantati di superare la loro crisi individuale. Egli scrive:
"I musici suonano per il tarantato il ritmo più adatto alla sua crisi, ed egli si muove e danza con movimenti che rappresentano la sua malattia. Il rito è una sorta di dramma coreutico-musicale, in cui il malato ritrova la propria dignità, sfoga il suo rimorso e si libera dal suo male, ristabilendo il suo legame con la comunità e l'universo."
Il parallelo tra le danze dionisiache descritte da Platone e il tarantismo studiato da de Martino è affascinante. In entrambi i casi, la danza non è vista come una semplice esibizione, ma come un rituale terapeutico, un ponte tra il corpo e l'anima, in grado di agire su stati di profonda agitazione e di riportare l'individuo a un equilibrio perduto, sia a livello interiore che comunitario. Sia per Platone che per de Martino, il ritmo e il movimento sono linguaggi che curano, capaci di dare forma al caos interiore e di ristabilire l'armonia.
English Translation
Plato and Dance: A Parallel with de Martino's Taranta
In the landscape of Western thought, the Greek philosopher Plato is universally recognized for his theory of Forms and his rational approach to knowledge. Less known, but equally fascinating, is his profound interest in dance, an art form he considered not merely entertainment but a powerful tool for the soul. His reflections, contained mainly in the Laws, offer surprisingly modern insights that can be paralleled with later ethnographic studies.
Dance as a natural expression of the soul
Plato saw dance as a form of expression intrinsic to human nature, the first and most spontaneous manifestation of joy and well-being. In Book II of the Laws, he states that:
"Nature itself has given every living creature a sense of rhythm and harmony, and through these elements, dance develops spontaneously. Young people, in particular, when they are happy and joyful, cannot stand still, but move continuously and rhythmically."
In this passage, dance is presented as a natural extension of the instinctive movements that children use to express their emotions, especially happiness.
Dance as a therapeutic tool
But Plato's vision went beyond simple amusement. He recognized dance's cathartic and healing power, especially in an era when diseases of the soul were not seen as mental disorders but as internal imbalances. In Book VII of the Laws, the philosopher describes how ritualistic movements, like those in Dionysian dances, could restore balance to people troubled by internal conflicts and states of agitation.
"When people suffer from internal agitation and fear, it is appropriate for them to move and, with suitable dances and rhythms, shake their bodies and their souls, so that the agitation subsides and the mind finds serenity again."
In these words, Plato describes a true "shaking" of the soul, a physical action that allows for the release of tensions and the restoration of inner peace. The act of moving rhythmically and with intensity, instead of suppressing emotions, channels them, allowing the individual to overcome internal conflicts and reach a state of calm and serenity.
Ernesto de Martino's Taranta: An Ecosystem of Rhythm and Healing
This Platonic concept of dance as a tool for healing finds a surprising echo in Ernesto de Martino's studies on the "taranta," or tarantism, an ethnic-religious phenomenon in Southern Italy. In his famous essay The Land of Remorse, de Martino explores the choreutic-musical ritual used to cure people afflicted with a state of psycho-physical distress, which was believed to be caused by the bite of a mythical spider.
The ritual as a cure
De Martino describes the "tarantati" (those who had been bitten) and their need to dance frenetically, following a specific musical rhythm, to vent anxiety and suffering. The ethnologist emphasizes the importance of the collective ritual that allowed the tarantati to overcome their individual crisis. He writes:
"The musicians play the rhythm best suited to the tarantato's crisis, and he moves and dances with movements that represent his illness. The rite is a kind of choreutic-musical drama, in which the sick person regains his dignity, vents his remorse, and frees himself from his ailment, re-establishing his bond with the community and the universe."
The parallel between the Dionysian dances described by Plato and the tarantism studied by de Martino is fascinating. In both cases, dance is not seen as a simple performance but as a therapeutic ritual, a bridge between the body and the soul, capable of acting on states of deep agitation and of restoring the individual to a lost balance, both internally and communally. For both Plato and de Martino, rhythm and movement are languages that heal, capable of giving form to inner chaos and restoring harmony.
Bibliography
Platone, Leggi, a cura di Francesco Adorno, in Opere, vol. III, Laterza, Roma-Bari, 1990. (O qualsiasi altra edizione critica delle Leggi).
De Martino, Ernesto, La terra del rimorso. Contributo a una storia religiosa del Sud, Il Saggiatore, Milano, 1961.
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