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Visualizzazione dei post da ottobre, 2008

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LA DIF-FERENZA IN HEIDEGGER

L’intinmità di mondo e cosa è nello stacco (Schied) del frammezzo, è nella dif-ferenza (Unter-Schied). Il termine dif-ferenza è qui sottratto all’uso corrente e consueto. Non indica un concetto generico, nella cui area rientrino molteplici specie di differenza. La dif-ferenza, di cui qui si parla, esiste solo come quest’una. È unica. La dif-ferenza regge – non però con essa identificandosi – quella linea mediana, nel moto e nella relazione alla quale e grazie alla quale mondo e cose trovano la loro unità. L’intimità della dif-ferenza è l’elemento unificante della Διαφοрά, di Ciò che differenziando porta e compone. La dif-ferenza porta il mondo al suo esser mondo, porta le cose al loro esser cose. Portandoli a compimento, li porta l’uno verso l’altro. La composizione operata dalla differenza non è qualcosa che avvenga in un secondo momento, quasi la differenza sopraggiungesse recando una linea mediana e con questa congiungesse mondo e cose. La dif-ferenza, in quanto linea mediana, media

IN CAMMINO VERSO IL LINGUAGGIO

L’uomo parla. Noi parliamo nella veglia e nel sonno. Parliamo sempre, anche quando non proferiamo parola, ma ascoltiamo o leggiamo soltanto, perfino quando neppure ascoltiamo o leggiamo, ma ci dedichiamo ad un lavoro o ci perdiamo nell’ozio. In un modo o nell’altro parliamo ininterrottamente. Parliamo perché il parlare ci è connaturato. Il parlare non nasce da un particolare atto di volontà. Si dice che l’uomo è per natura parlante, e vale per acquisito che l’uomo, a differenza della pianta e dell’animale, è l’essere vivente capace di parola. Dicendo questo, non s’intende affermare soltanto che l’uomo possiede, accanto ad altre capacità, anche quella del parlare. S’intende dire che proprio il linguaggio fa dell’uomo quell’essere vivente che egli è in quanto uomo. L’uomo è uomo in quanto parla. È la lezione di Humboldt. Resta però da riflettere che cosa significhi l’uomo. Il linguaggio fa parte in ogni caso di ciò che l’uomo ritrova nella sua immediata vicinanza. Dappertutto ci si fa in

NO LOGO

Un senso di precarietà si è insinuato nel mondo del lavoro, l’insicurezza è il pane quotidiano per tutti, dagli impiegati a contratto, ai liberi professionisti dell’high tech, agli addetti alla ristorazione e alla vendita al dettaglio. I lavori di fabbricazione vengono affidati a ditte esterne, l’industria tessile ricorre sempre più spesso al lavoro a domicilio, in ogni settore industriale contratti temporanei sostituiscono le assunzioni in piano stabile. Diventano sempre più frequenti i casi di alti dirigenti che optano per brevi permanenze presso l’una o l’altra multinazionale, meteore al cui passaggio vengono falcidiati metà dei dipendenti. Quasi tutte le grandi battaglie occupazionali dell’ultimo decennio si sono incentrate non tanto su questioni salariali quanto sulla «precarizzazione forzata» […] Al centro di tutte le vicende troviamo aziende che, con varianti diverse, puntano allo stesso risultato: trovare il modo di sganciarsi dalla forza lavoro e di viaggiare sempre più legger

ESPERIENZA E EDUCAZIONE

Io muovo dalla persuasione che fra tutte le incertezze c’è un punto fermo; il nesso organico fra educazione ed esperienza personale; ovvero, che la nuova filosofia dell’educazione si riattacca a qualche tipo di filosofia empirica e sperimentale. Ma esperienza e esperimento non sono idee ovvie di per se stesse. Piuttosto, il loro significato è parte del problema che deve essere dibattuto. Per conoscere il significato dell’empirismo dobbiamo comprendere che cosa è l’esperienza. Credere che ogni educazione autentica proviene dalla esperienza non significa già che tutte le esperienze siano genuinamente o parimenti educative. Esperienza ed educazione non possono equivalersi. Ci sono difatti delle esperienze diseducative. È diseducativa ogni esperienza che ha l’aspetto di arrestare o fuorviare lo svolgimento dell’esperienza ulteriore. Un’esperienza può procurare incallimento; può diminuire la sensibilità e la capacità di reagire. In questi casi sono diminuite le possibilità di avere una più

OSSERVATA UNA NEVICATA SU MARTE

È possibile che una volta l'acqua sia stata comune su Marte: a testimoniarlo è la neve osservata dalla sonda Phoenix, inviata dalla Nasa. Il Pianeta Rosso non è però diventato bianco: la neve non si è nemmeno trasformata in pioggia, ma anzi si è vaporizzata senza raggiungere il terreno. L'osservazione è comunque importante: "Non si è mai visto nulla del genere su Marte" ha spiegato Jim Whiteway, della York University di Toronto. Sembra inoltre che Phoenix abbia trovato tracce di carbonato di calcio e argilla nelle vicinanze del polo nord marziano; ciò - ha chiarito William Boynton, dell'Università dell'Arizona - starebbe a indicare una passata interazione del terreno con l'acqua. [ZEUS News - www.zeusnews.it - 01-10-2008]