Dato che il genere umano, sia per l'inquietudine dello spirito, sia per la debolezza fisica, sia per l'indignazione assoluta in cui si trova, vive sulla terra una vita più dura di quella di ogni altro essere vivente, se la natura avesse fissato alla sua vita lo stesso limite che ha stabilito per la vita degli altri esseri, nessun animale sarebbe più infelice dell'uomo. Ma poiché non è possibile che l'uomo, il quale, grazie al culto di Dio, più di ogni altro mortale si avvicina appunto a Dio, autore della beatitudine, sia senza rimedio il più infelice degli esseri viventi, e poiché d'altro canto può trovarsi in condizione di beatitudine solamente dopo la morte del corpo, appare chiara la necessità che i nostri spiriti, uscendo da questo carcere, vadano incontro a una qualche luce che li attenda. Ma se le menti umane, sepolte nelle profonde tenebre del loro oscuro carcere che ci inducono spesso a dubitare della nostra natura divina, non sanno vedere la luce propria della loro natura, noi, che siamo animi di natura celeste bruciati dal desiderio della celeste patria, scioglimento, dunque, al più presto questi duri ceppi che ci legano alla terra per essere pronti a volare, liberi, verso la sede eterna, sollevati dalle ali platoniche e sotto la guida di Dio verso quella sede ove, appena giunti, potremo contemplare in beatitudine l'eccellenza della nostra anima.
[...]
E quando saremo riusciti a innalzarci fino a quel sole, tramite la luce che da esso ci illuminerà potremo mettere a confronto i cinque gradi di tutte le cose, cioè la corporeità, la qualità, l'anima, la natura angelica e Dio. Ma la natura della stessa anima razionale, dato che occupa una posizione intermedia fra tutti questi cinque gradi, è chiaro che costituisce l'elemento di unione di tutta la natura, regge da un lato le qualità e i corpi, dall'altro si congiunge alla natura angelica e a Dio [...].
M. Ficino Teologia platonica
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