Il motivo è molto semplice: i suoi modi sono sempre più originali e quindi risulta, in un moderato ambiente cattolico, troppo fuori dagli schemi. A partire dall'abbigliamento: ostenta gli abiti di un dandy, elegantissimi, fatti su misura; come i pantaloni a quadretti bianchi e blu, coordinati con la sciarpa, il gilet e il berretto, con cui va alla prima del Teatro Verdi; come le bretelle nere ricamate di rose alpine che esibisce, definendole "le più belle tiracche del mondo". Anche il suo linguaggio cambia, sempre più sboccato, provocatorio, aggressivo. Ma quando il contesto da profano si fa spirituale, non è secondo a nessuno nell'esprimere l'ascesi: alla processione del Santo si presenta con un enorme cappello di paglia, a testa bassa, indossando una breve lunga veste bianca. C'è chi insinua, piuttosto apertamente la sua omosessualità, anche se di fatto non ne esistono i motivi. Intorno ad Orlando che ritiene di somigliare a James Dean, girano parecchie ragazze affascinate.
Continua a leggere Merton, le cui opere giungono progressivamente in Italia: "Semi di contemplazione" (1949), "Nessun uomo è un'isola" (1955) e via dicendo, diventando sempre più i suoi testi di riferimento. Riprende a dipingere soggetti sacri, con uno spirito completamente diverso da quello del passato: ora al centro del suo interesse c'è il tema del campo di concentramento, con riferimento alle sue vicende del seminario di Venezia, dove "l'unica libertà era la libertà di morire". Il campo è l'emblema per eccellenza della struttura organizzata che schiaccia l'individuo, sia essa sociale, ecclesiale o politica, e la figura più adatta a rappresentarne il tormento è il "Giobbe 61", presentato alla XIV BAT: una figura di un uomo scheletrico, calvo, piagato, raggomitolato a terra in un'espressione di sconfitta, può simboleggiare la passione del Cristo che sempre si rinnova nei mali del mondo, ma è pure un autoritratto, il corpo di Orlando smagrito dalla malattia.
S. Tisato Orlando Tisato l'uomo, il pittore
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