La denuncia che abbiamo appena fatto dell’assenza della lacrima nella teoria della medicina umorale non significa che i miti, per natura più sensibili, e dunque più propensi a tale manifestazione liquida dei sentimenti, girino tutto il santo giorno con il fazzoletto in mano soffiandosi il naso e asciugandosi ogni minuto gli occhi pesti per il pianto. Significa, piuttosto, che una persona, uomo o donna che sia, potrà benissimo macerarsi nel proprio intimo per effetto della solitudine, dell’abbandono, della timidezza, di quello che i dizionari descrivono come uno stato affettivo scatenato nei rapporti sociali e con manifestazioni volitive, posturali e neurovegetative e, nonostante ciò, a volte addirittura per via di una semplice parola, per un nonnulla, per un gesto ben intenzionato ma di eccessiva protezione, come quello che è sfuggito poco fa al professore di Matematica, ecco che all’improvviso il pacifico, il docile, il sottomesso scompaiono dalla scena e al loro posto, sconcertante e
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