L’uomo parla. Noi parliamo nella veglia e nel sonno. Parliamo sempre, anche quando non proferiamo parola, ma ascoltiamo o leggiamo soltanto, perfino quando neppure ascoltiamo o leggiamo, ma ci dedichiamo ad un lavoro o ci perdiamo nell’ozio. In un modo o nell’altro parliamo ininterrottamente. Parliamo perché il parlare ci è connaturato. Il parlare non nasce da un particolare atto di volontà. Si dice che l’uomo è per natura parlante, e vale per acquisito che l’uomo, a differenza della pianta e dell’animale, è l’essere vivente capace di parola. Dicendo questo, non s’intende affermare soltanto che l’uomo possiede, accanto ad altre capacità, anche quella del parlare. S’intende dire che proprio il linguaggio fa dell’uomo quell’essere vivente che egli è in quanto uomo. L’uomo è uomo in quanto parla. È la lezione di Humboldt. Resta però da riflettere che cosa significhi l’uomo.
Il linguaggio fa parte in ogni caso di ciò che l’uomo ritrova nella sua immediata vicinanza. Dappertutto ci si fa incontro il linguaggio. Per questo non è meraviglia se l’uomo, non appena prende, riflettendo, visione di ciò che è, subito s’imbatte anche nel linguaggio e ne cerca una definizione paradigmatica sulla base di ciò che di esso si rivela. La riflessione tenta di farsi un’idea di ciò che è il linguaggio in universale. Quel che per una determinata cosa vale in universale si chiama l’essenza. Far presente la figura dell’universale costituisce, secondo il modo di giudicare dominante, il carattere fondamentale del pensiero. In tale prospettiva, pensare il linguaggio significa dare un’idea dell’essenza del linguaggio evidenziandone i caratteri distintivi rispetto ad altre idee.
M. Heidegger In cammino verso il linguaggio
Indipendentemente dal fatto che sono un décadent sono anche il suo contrario. Prova ne è, tra l'altro che contro le condizioni spiacevoli ho sempre scelto, istintivamente, gli strumenti adatti: mentre il decadént in sé sceglie sempre gli strumenti che lo danneggiano. Come summa summarum ero sano; ma nel dettaglio nella peculiarità ero décadent . Quell'energia per conquistare un assoluto isolamento e distacco dalle condizioni abituali, la violenza con la quale mi sono imposto di non lasciarmi più curare, servire, coccolare dai medici – tutto questo tradisce l'assoluta sicurezza dell'istinto per quanto riguarda ciò, di cui allora, avevo soprattutto bisogno. Mi presi in mano, mi guarii io stesso: la condizione per questo – ogni fisiologo lo ammetterà – è che si sia fondamentalmente sani. Un essere fondamentalmente morboso non può guarire, tanto meno guarirsi; per uno tipicamente sano, al contrario la malattia può essere addirittura un energico sti
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