Tutto ciò cambia sostanzialmente appena si entra nella sfera dell’agire umano. Questo è caratterizzato, anche nelle sue forme più elementari e primitive, da una sorta di «mediatezza» che è nettamente opposta al modo di reagire proprio dell’animale. Questa trasformazione del tipo di agire si manifesta con la massima evidenza non appena l’uomo passa all’uso dello strumento di lavoro. Infatti, per inventare lo strumento in quanto tale, l’uomo deve alzare lo sguardo al di sopra della cerchia di bisogni immediati. Nel crearlo egli non agisce sotto l’impulso e la necessità del momento, ma invece di essere mosso immediatamente da uno stimolo reale egli mira a un bisogno «possibile», per il cui soddisfacimento appronta preventivamente il mezzo. Lo scopo a cui serve lo strumento comporta quindi una determinata pre-visione. Lo stimolo non proviene solo dalla spinta del momento ma appartiene al futuro, che per cominciare ad agire in questo modo deve essere in un cero senso «anticipato». Questa «presupposizione» del futuro caratterizza tutto l’agire umano. Possiamo «raffigurarci» qualcosa che ancora non esiste, per passare quindi da questa «possibilità» alla «realtà», dalla potenza all’atto.
Ernest Cassirer Sulla Logica delle Scienze della Cultura
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