Nel 1139 il Concilio lateranense II, che, nel suo canone 29, condanna con anatema «l’arte assassina e odiosa davanti a Dio dei balestrieri e degli arcieri; noi proibiamo di farne uso d’ora innanzi contro cristiani e cattolici»; un testo, questo, tanto più interessante in quanto non proviene da un ambiente cavalleresco: il canone 9 vieta anche, ma con altri toni, i tornei. I romanzi cortesi codificano con questo divieto assimilando la figura dell’arciere a quella dell’uomo selvaggio, ossia del segno zodiacale del sagittario, che è un centauro. Così Benedetto di Sainte-Maure, nel Roman de Troie, introduce la figura di uno degli alleati di Priamo, personaggio «fellone e infame», ma arciere infallibile: «Non c’è nulla ch’egli prenda di mira che poi non raggiunga immediatamente. Il suo corpo, le sue braccia, la sua testa erano come i nostri, ma non ha nulla di attraente. Non fu mai vestito di abiti; era infatti peloso come una bestia … Portava un arco che non era di aubour, ma di pasta da cuocere bollita [si noti il cambiamento di materia] saldata con una strana tecnica».
Jacques Le Goff Il meraviglioso e il quotidiano nell’occidente medievale
Commenti