Come emerge chiaramente dall’analisi fenomenologica della coscienza morale, l’autonomia, seppure da intendete in modo relativo, rappresenta un carattere essenziale al suo costituirsi. La coscienza, infatti, sia sul piano conoscitivo, intesa cioè come coscienza di sé o autocoscienza, sia sul piano morale, intesa cioè come coscienza morale, in tanto è coscienza in quanto autonoma. Una coscienza eteronoma comporta un elemento di contraddittorietà. Come non è possibile prendere coscienza di una realtà al posto di un altro, così non è possibile avere una propria coscienza morale che sia il risultato di una imposizione esteriore. È talmente indissolubile il legame della coscienza morale con il carattere dell’autonomia, che si può parlare propriamente di coscienza morale solo quando si è in grado di prendere le distanze dal mondo circostante, sia divino sia umano, e di fare appello soltanto all’istanza della verità nella dimensione in cui la ricerca personale la manifesta, verità che potrà risultare o in armonia con una legge autoritativa comunemente accettata o in contrasto con essa. […] Certamente, tale autonomia non è da intendere in senso assoluto, perché correlata alla verità. L’uomo, cioè, si scopre nella sua coscienza morale di essere libertà e non arbitrarietà assoluta, nella misura in cui il senso del proprio essere gli è dato dallo stesso proprio essere, per cui un autocomponimento arbitrario sarebbe sinonimo di autoalienazione. Il valore della propria persona non è creazione del soggetto morale; lo è, invece, la sua realizzazione o meno, che, per questo, assume la connotazione di compito.
Antonio Lambertino Coscienza e fenomeno morale
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