La formulazione del vero è per un verso possesso personale della verità, e per l'altro possesso di un infinito... L'interpretazione è infatti l'unica forma di conoscenza che sia capace per un verso di dare una formulazione personale e quindi plurale di qualcosa di unico e indivisibile, senza per questo comprometterne o disperderne l'unità, e per l'altro verso di cogliere e rivelare un infinito, senza limitarsi ad alludervi o girarvi intorno, ma possedendolo veramente. ...La verità si offre solo all'interno d'una sua formulazione, con cui di volta in volta s'identifica e in cui risiede sempre come inesauribile; ma svanisce il rapporto interpretativo se tra la verità e la sua formulazione l'identificazione cede il posto alla confusione, o il rapporto di ulteriorità diventa vera e propria esteriorità, perché in tali casi viene soppressa l'inseparabilità dei due termini, nel senso che o uno si mette al posto dell'altro, pretendendo di sostituirlo, o entrambi si dividono, restando senza rapporto a causa dell'inaccessibilità d'uno di essi. ... la verità è sempre ulteriore rispetto alla sua formulazione, ma solo in modo da esigere e permettere una pluralità di formulazioni, e non invece nel senso d'una sua assoluta ineffabilità, di fronte alla quale tutte le formulazioni resterebbero fatalmente inadeguate.
[L. Pareyson, Verità e interpretazione, cit., p. 81 - 83]
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