Tragedia attribuita ad Eschilo (525/4 a. C. – 456/5 a. C.). Tratta un episodio del mito di Prometeo, il Titano figlio di Giápeto, che ruba il fuoco a Zeus per aiutare gli uomini e viene per questo punito dal re degli dei, che lo fa incatenare su una desolata rupe situata ai confini del mondo. Il tempo mitologico della vicenda si situa subito dopo l’avvento di Zeus al potere, ancora insidiato da molti avversari che egli doma a fatica e punisce con spietatezza.
Il prologo ci fa assistere all’incatenamento di Prometeo a opera di Efesto e Kratos (Forza): all’operazione assiste, senza parlare, anche un’altra entità divina, cioè Bia (Violenza). Efesto sente pietà per Prometeo, ma è aspramente rimproverato da Kratos che gli ricorda gli ordini di Zeus. Prometeo parla soltanto quando i suoi aguzzini si sono ritirati, e il suo è un lungo lamento sulle sue sofferenze che non avranno fine e che egli sente ingiuste in quanto punizione della sua opera di misericordia verso gli uomini infelici. All’improvviso egli ode voci come di uccelli e un fragoroso batter d’ali: su un carro alato giungono le Oceanine, che formano il coro della tragedia. Esse sono mosse da profonda pietà per il Titano: nelle loro parole si avverte una sommessa ostilità contro il nuovo regime di Zeus, assoluto e spietato, che si è instaurato nel mondo divino […]
Sul dorso di un essere alato compare Oceano. Anch’egli è ben disposto verso Prometeo e prova pietà per lui, ma tutto ciò che si sente di consigliargli è di accettare il nuovo ordine di cose, piegarsi al potere assoluto del nuovo sovrano del mondo presso il quale Oceano promette di interporre i suoi buoni uffici. Ma Prometeo rifiuta, anche perché è convinto che gli sforzi di Oceano per indurre Zeus a pietà saranno vani. Dopo i lamenti del coro delle Oceanine, Prometeo fa un altro minuzioso elenco dei benefici da lui recati agli uomini ai quali ha insegnato i segreti e le leggi della natura, il modo di lavorare la terra, navigare il mare, la medicina, la mantica, le varie arti. Invitato dal coro a sperare in una prossima liberazione e riabilitazione che lo renda uguale a Zeus, Prometeo dice che ciò non potrà avvenire se non dopo un lunghissimo periodo di tempo, al termine del quale anche Zeus soccomberà al suo destino. Ma questo è un segreto che Prometeo non intende rivelare, e allora le Oceanine, come prima il loro padre, lo invitano alla sottomissione. […].
Dizionario dei capolavori Biblioteca Europea
Il prologo ci fa assistere all’incatenamento di Prometeo a opera di Efesto e Kratos (Forza): all’operazione assiste, senza parlare, anche un’altra entità divina, cioè Bia (Violenza). Efesto sente pietà per Prometeo, ma è aspramente rimproverato da Kratos che gli ricorda gli ordini di Zeus. Prometeo parla soltanto quando i suoi aguzzini si sono ritirati, e il suo è un lungo lamento sulle sue sofferenze che non avranno fine e che egli sente ingiuste in quanto punizione della sua opera di misericordia verso gli uomini infelici. All’improvviso egli ode voci come di uccelli e un fragoroso batter d’ali: su un carro alato giungono le Oceanine, che formano il coro della tragedia. Esse sono mosse da profonda pietà per il Titano: nelle loro parole si avverte una sommessa ostilità contro il nuovo regime di Zeus, assoluto e spietato, che si è instaurato nel mondo divino […]
Sul dorso di un essere alato compare Oceano. Anch’egli è ben disposto verso Prometeo e prova pietà per lui, ma tutto ciò che si sente di consigliargli è di accettare il nuovo ordine di cose, piegarsi al potere assoluto del nuovo sovrano del mondo presso il quale Oceano promette di interporre i suoi buoni uffici. Ma Prometeo rifiuta, anche perché è convinto che gli sforzi di Oceano per indurre Zeus a pietà saranno vani. Dopo i lamenti del coro delle Oceanine, Prometeo fa un altro minuzioso elenco dei benefici da lui recati agli uomini ai quali ha insegnato i segreti e le leggi della natura, il modo di lavorare la terra, navigare il mare, la medicina, la mantica, le varie arti. Invitato dal coro a sperare in una prossima liberazione e riabilitazione che lo renda uguale a Zeus, Prometeo dice che ciò non potrà avvenire se non dopo un lunghissimo periodo di tempo, al termine del quale anche Zeus soccomberà al suo destino. Ma questo è un segreto che Prometeo non intende rivelare, e allora le Oceanine, come prima il loro padre, lo invitano alla sottomissione. […].
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