All’origine dell’invenzione e dell’adozione di un qualsiasi sistema di scrittura sono individuabili due motivazioni tra loro diverse, ma non prive di reciproci collegamenti ed influenze: quella amministrativa e quella sacrale-liturgica. A volte, infatti, si osserva il caso di scritture nate principalmente per ovviare alla necessità di organizzare l’amministrazione di beni immobili (palazzi dell’autorità civile ,ecc.) o mobili (allevamenti di bestiame, ecc.) o di enti dello stato (i corpi armati, ecc.), e subordinatamente per tramandare le cognizioni tecniche utili a tali fini (matematica, geometria, astronomia, ecc.): si vedano, per esempio, la scrittura cuneiforme o la cosiddetta “scrittura lineare B” di età micenea. In altri casi si hanno invece scritture nate principalmente al fine di fissare testi di carattere sacrale o liturgico (così l’alfabeto e la scrittura gota derivati dal greco ad opera del vescovo Ulfila nel IV secolo d. C.), di sussidio diretto o indiretto alle pratiche di culto e alla cultura strettamente religiosa sorta intorno ad esse.
Nell’uno e nell’altro caso si tratta naturalmente di scritture create ed adoperate all’interno di determinate categorie professionali o, come nel caso di caste sacerdotali, di élites rigidamente chiuse. A questo proposito Gordon V. Childe (L’uomo crea se stesso, Torino 1952), dopo aver accennato alla rudimentalità e nello stesso tempo alla complessità ed alla difficoltà di apprendimento delle più antiche scritture sumere ed egizie, afferma: «In queste condizioni la scrittura costituiva davvero un’arte difficile e specializzata, che si imparava dopo un lungo tirocinio. La capacità di lettura rimase una misteriosa iniziazione, alla quale si poteva giungere dopo aver lungamente studiato. Pochi possedevano i mezzi ed il talento necessari per penetrare nei segreti della lettura. Gli scrivani erano una classe relativamente ristretta nell’antico Oriente, come i chierici nel medioevo… Le persone in grado di leggere devono essere state sempre una piccola minoranza in una vasta popolazione di illetterati» (p. 309).
A. Petrucci Breve storia della scrittura latina
Nell’uno e nell’altro caso si tratta naturalmente di scritture create ed adoperate all’interno di determinate categorie professionali o, come nel caso di caste sacerdotali, di élites rigidamente chiuse. A questo proposito Gordon V. Childe (L’uomo crea se stesso, Torino 1952), dopo aver accennato alla rudimentalità e nello stesso tempo alla complessità ed alla difficoltà di apprendimento delle più antiche scritture sumere ed egizie, afferma: «In queste condizioni la scrittura costituiva davvero un’arte difficile e specializzata, che si imparava dopo un lungo tirocinio. La capacità di lettura rimase una misteriosa iniziazione, alla quale si poteva giungere dopo aver lungamente studiato. Pochi possedevano i mezzi ed il talento necessari per penetrare nei segreti della lettura. Gli scrivani erano una classe relativamente ristretta nell’antico Oriente, come i chierici nel medioevo… Le persone in grado di leggere devono essere state sempre una piccola minoranza in una vasta popolazione di illetterati» (p. 309).
A. Petrucci Breve storia della scrittura latina
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