
La parola è un suono interiore. Il suono interiore deriva in parte (o soprattutto) dall’oggetto, senza vederlo, nella nostra mente si forma una rappresentazione astratta, un oggetto smaterializzato, che ci dà immediatamente un’emozione. Così l’albero verde, giallo, rosso nel prato è solo un dato materiale, una forma causalmente materializzata dell’albero che sentiamo in noi, quando udiamo la parola albero. L’uso intelligente (con sensibilità poetica) di una parola, la sua ripetizione interiormente necessaria può non solo dilatarne il suono interiore, ma anche metterne in luce proprietà spirituali sconosciute. Infine, una parola ripetuta spesso (gioco infantile che poi si dimentica) perde il suo senso esteriore. Il significato dell’oggetto si svuota, rivelando il puro suono della parola. Questo suono «puro» lo sentiamo forse inconsapevolmente anche nominando un oggetto reale divenuto astratto. In quest’ultimo caso, però, il suono puro è predominante e colpisce direttamente l’anima. L’anima prova un’emozione senza oggetto, che è ancora più complessa, vorrei dire «più sovrasensibile» di quella suscitata dai rintocchi di una campana, dal suono di una corda, dal rumore della caduta di un asse.
Wassily Kandinsky Lo spirituale nell’arte
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