Da tale premessa si ricava il carattere principale dell’universo concentrazionario, il quale non è una istituzione penale, creata per la punizione e repressione di delitti e crimini, ma piuttosto una struttura politica di sradicamento del tessuto sociale mediante lo strappo e la cancellazione dalla società di interi settori e gruppi.
A ciò si perviene, in primo luogo, attraverso la deportazione in massa e l’internamento di intere minoranze etniche e, inoltre, mediante l’internamento di categorie produttive (ad esempio, i coltivatori in proprio) e professionali (ad esempio, ingegneri, avvocati, militari, medici). In secondo luogo, uno stato complessivo di sradicamento sociale deriva dal trattamento riservato nei campi ai prigionieri. È chiaro che le esecuzioni in massa – nelle camere a gas o per fucilazione o colpo alla nuca o nei forni crematori – cancellano di per sé centinaia di migliaia di persone, e che altre masse umane periscono nei campi per stenti, maltrattamenti, torture. Ma più e oltre che dalla morte fisica, è dall’esistenza quotidiana dei sopravvissuti che si coglie il senso “politico” del sistema concentrazionario.
Lo spettacolo continuo dell’altrui morte e la continua aspettazione della propria; il ricorso ininterrotto a tecniche di avvilimento e di amalgama; le detenzioni «senza diritto di corrispondenza»; la convivenza dentro le stesse baracche, di “politici”, innocenti e nuclei di criminali comuni ai quali sono riconosciuti “privilegi” e “funzioni superiori” nei confronti degli altri detenuti, sottoposti senza alcuna possibilità di difesa a vessazioni e prepotenze al punto che, operando simultaneamente, congiura alla perdita di identità psico-affettiva e coscienziologica del prigioniero e alla sua alienazione totale.
D. Fisichella Totalitarismo
A ciò si perviene, in primo luogo, attraverso la deportazione in massa e l’internamento di intere minoranze etniche e, inoltre, mediante l’internamento di categorie produttive (ad esempio, i coltivatori in proprio) e professionali (ad esempio, ingegneri, avvocati, militari, medici). In secondo luogo, uno stato complessivo di sradicamento sociale deriva dal trattamento riservato nei campi ai prigionieri. È chiaro che le esecuzioni in massa – nelle camere a gas o per fucilazione o colpo alla nuca o nei forni crematori – cancellano di per sé centinaia di migliaia di persone, e che altre masse umane periscono nei campi per stenti, maltrattamenti, torture. Ma più e oltre che dalla morte fisica, è dall’esistenza quotidiana dei sopravvissuti che si coglie il senso “politico” del sistema concentrazionario.
Lo spettacolo continuo dell’altrui morte e la continua aspettazione della propria; il ricorso ininterrotto a tecniche di avvilimento e di amalgama; le detenzioni «senza diritto di corrispondenza»; la convivenza dentro le stesse baracche, di “politici”, innocenti e nuclei di criminali comuni ai quali sono riconosciuti “privilegi” e “funzioni superiori” nei confronti degli altri detenuti, sottoposti senza alcuna possibilità di difesa a vessazioni e prepotenze al punto che, operando simultaneamente, congiura alla perdita di identità psico-affettiva e coscienziologica del prigioniero e alla sua alienazione totale.
D. Fisichella Totalitarismo
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