Se però non esistono tali orizzonti distaccati, perché si parla di una fusione di orizzonti e non semplicemente della costruzione di un unico orizzonte che allarga i suoi confini alla profondità della tradizione? Porre questo problema significa riconoscere la peculiarità della situazione in cui si trova il comprendere quando diviene compito scientifico, e riconoscere nello stesso tempo che si tratta appunto di enucleare finalmente le linee di questa situazione in quanto situazione ermeneutica. Ogni incontro con il dato storico, che si compia con un’esplicita coscienza storiografica, sperimenta in sé la tensione tra testo da interpretare e presente dell’interprete. Il compito dell’ermeneutica consiste nel non lasciare che questa tensione venga coperta e obliata in un malaccorto atto di livellamento dei due momenti, ma venga invece consapevolmente esplicitata. Per questo, l’atto ermeneutico implica necessariamente la delineazione di un orizzonte storiografico che si distingue dall’orizzonte del presente. La coscienza storica è consapevole della propria alterità e distingue perciò l’orizzonte del dato storico trasmesso dal proprio orizzonte. Questa alterità, però, come ci siamo sforzati di mostrare, emerge solo nel senso di una tradizione vivente; per cui la coscienza storica, mentre distingue, anche nello stesso tempo riunisce i due poli della distinzione, di modo che, nell’unità dell’orizzonte storico che definisce, essa media sé con se stessa.
H. G. Gadamer Verità e metodo
H. G. Gadamer Verità e metodo
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