Il dovere, dunque, e non l’interesse sia la suprema categoria politica.
Solo così si può, della pace, porre almeno la teoria. Di essa si ha, pur frequentemente e gravemente interrotta, la pratica; ma non si ha ancora la teoria. Quindi l’incoerenza di tale pratica e la sua frequente e grave interruzione. Solo il teismo politico italiano può offrire una tale teoria.
Oggi una delle parti in guerra si dice costituita dai “popoli amanti della pace” e di questi si parla molto, anche durante la guerra, come dei futuri costruttori della pace, della pace che escluda la guerra, cioè di una pratica della pace senza interruzioni e incoerenze, cioè della pace universale e perpetua. Se questa pratica della pace sarà il fatto di domani, noi qui non ricercheremo: è un problema della pratica e non della teoria. E l’Italia, tra i popoli umani praticanti la politica, vuole e deve essere colei che ricorda a sé ed a tutti la teoria…..L’entrata in guerra è un fatto; la professione di guerra è una fede. E la fede d’Italia non è la guerra, ma la nuova fratellanza dei popoli. Su questa fede, che ci tenne a battesimo Mazzini in teoria e Garibaldi in pratica, bisogna anche oggi fondare le nostre argomentazioni, le nostre ispirazioni, i nostri ravvicinamenti o allontanamenti.
Niente guerra, dunque, come teoria della politica, ma neppure, se si vuole essere coerenti, niente interessi come tale teoria. Noi dobbiamo ritrattare, a nostra vergogna, la professione di nazione guerriera, ma possiamo esigere, nella nostra disarmata ma forte teoreticità, che chi si professa amante della pace, sconfessi la teoria politica degli interessi per quella del dovere.
Pantaleo Carabellese L’idea politica d’Italia
Solo così si può, della pace, porre almeno la teoria. Di essa si ha, pur frequentemente e gravemente interrotta, la pratica; ma non si ha ancora la teoria. Quindi l’incoerenza di tale pratica e la sua frequente e grave interruzione. Solo il teismo politico italiano può offrire una tale teoria.
Oggi una delle parti in guerra si dice costituita dai “popoli amanti della pace” e di questi si parla molto, anche durante la guerra, come dei futuri costruttori della pace, della pace che escluda la guerra, cioè di una pratica della pace senza interruzioni e incoerenze, cioè della pace universale e perpetua. Se questa pratica della pace sarà il fatto di domani, noi qui non ricercheremo: è un problema della pratica e non della teoria. E l’Italia, tra i popoli umani praticanti la politica, vuole e deve essere colei che ricorda a sé ed a tutti la teoria…..L’entrata in guerra è un fatto; la professione di guerra è una fede. E la fede d’Italia non è la guerra, ma la nuova fratellanza dei popoli. Su questa fede, che ci tenne a battesimo Mazzini in teoria e Garibaldi in pratica, bisogna anche oggi fondare le nostre argomentazioni, le nostre ispirazioni, i nostri ravvicinamenti o allontanamenti.
Niente guerra, dunque, come teoria della politica, ma neppure, se si vuole essere coerenti, niente interessi come tale teoria. Noi dobbiamo ritrattare, a nostra vergogna, la professione di nazione guerriera, ma possiamo esigere, nella nostra disarmata ma forte teoreticità, che chi si professa amante della pace, sconfessi la teoria politica degli interessi per quella del dovere.
Pantaleo Carabellese L’idea politica d’Italia
Commenti