Ancora confuso era lo stato delle cose nel mondo, nell’evo in cui questa storia si svolge. Non era raro imbattersi in nomi e pensieri e forme e istituzioni cui non corrispondeva nulla di esistente. E d’altra parte il mondo pullulava di oggetti e facoltà e persone che non avevano nome né distinzione dal resto. Era un’epoca in cui la volontà e l’ostinazione d’esserci, di marcare un’impronta, di fare attrito con tutto ciò che c’è, non veniva usata interamente, dato che molti non se ne facevano nulla – per miseria o ignoranza o perché invece tutto riusciva loro bene lo stesso – e quindi una certa quantità ne andava persa nel vuoto. Poteva pure darsi allora che in un punto questa volontà e coscienza di sé, così diluita, si condensasse, facesse grumo, come l’impercettibile pulviscolo acquoreo si condensa in fiocchi di nuvole, e questo groppo per caso o per istinto, s’imbattesse in un nome e in un casato, come allora ne esistevano spesso di vacanti, in un grado nell’organico militare, in un insieme di mansioni da svolgere e di regole stabilite; e – soprattutto – in un’armatura vuota, ché senza quella, coi tempi che correvano anche un uomo che c’è rischiava di scomparire, figuriamoci uno che non c’è. Così aveva cominciato ad operare Agilulfo dei Guldiverni e a procacciarsi gloria.
Indipendentemente dal fatto che sono un décadent sono anche il suo contrario. Prova ne è, tra l'altro che contro le condizioni spiacevoli ho sempre scelto, istintivamente, gli strumenti adatti: mentre il decadént in sé sceglie sempre gli strumenti che lo danneggiano. Come summa summarum ero sano; ma nel dettaglio nella peculiarità ero décadent . Quell'energia per conquistare un assoluto isolamento e distacco dalle condizioni abituali, la violenza con la quale mi sono imposto di non lasciarmi più curare, servire, coccolare dai medici – tutto questo tradisce l'assoluta sicurezza dell'istinto per quanto riguarda ciò, di cui allora, avevo soprattutto bisogno. Mi presi in mano, mi guarii io stesso: la condizione per questo – ogni fisiologo lo ammetterà – è che si sia fondamentalmente sani. Un essere fondamentalmente morboso non può guarire, tanto meno guarirsi; per uno tipicamente sano, al contrario la malattia può essere addirittura un energico sti
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