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Visualizzazione dei post da giugno, 2008

VISUALIZZAZIONI BLOG

NEWTON

Regola I : Degli eventi naturali non si devono ammettere cause più numerose di quelle che sono vere e sono sufficienti a spiegare i fenomeni. Dicono i filosofi: la natura non fa nulla invano; e inutilmente viene fatto con molte cose ciò che può essere fatto con poche. La natura infatti è semplice e non sovrabbonda di cause superflue. Regola II : Perciò, nella misura in cui può essere fatto, ad effetti naturali dello stesso genere devono essere attribuite le stesse cause. Come alla respirazione nell’uomo e nelle bestie, alla caduta di pietre in Europa e in America, alla riflessione della luce sulla terra e sui pianeti. Regola III : Le qualità dei corpi che non possono essere aumentate né diminuite, e quelle che appartengono a tutti i corpi sui quali è possibile svolgere esperimenti, devono essere ritenute qualità di tutti i corpi. Le qualità dei corpi infatti si fanno conoscere soltanto mediante esperimenti, e perciò devono essere ritenute generali tutte quelle che si accordano in gener

TEORIA DELLE STRINGHE

L'universo elegante parte 1 Questo video l'aveva suggerito il blog di orso castano

PSICOPATOLOGIA DELLE MASSE E ANALISI DELL'IO

Nei capitoli precedenti abbiamo preso come punto di partenza questo fatto fondamentale: che l’individuo che fa parte di un gruppo subisce, sotto la sua influenza, delle profonde trasformazioni riguardanti la sua attività psichica. La sua affettività viene straordinariamente esaltata, la sua attività intellettuale notevolmente ridotta, mentre l’esaltazione dell’una e la riduzione dell’altra si effettuano nel senso di assimilazione dell’individuo a tutti gli altri. E quest’ultimo risultato può essere ottenuto solo con la soppressione di tutti i modi di inibizione propri di ciascuno. Noi sappiamo che questi effetti, spesso poco desiderabili, possono essere neutralizzati, almeno in parte, dall’organizzazione; ma affermando questa possibilità, si lascia intatto il fatto fondamentale, cioè l’esaltazione dell’affettività e l’abbassamento del livello intellettuale degli individui che fanno parte del gruppo primitivo. Si tratta dunque di trovare la spiegazione psicologica di queste modificazion

L'OCCHIO M'ERA CADUTO SU UN'INCISIONE

Quando aprivo « Le Matin », lo spavento m’agghiacciava. Fra tutte, una storia mi colpì. Ne ricordo ancora il titolo: Vento negli alberi. Una sera d’estate, un’ammalata, sola al primo piano d’una casa in campagna, si gira e rigira nel letto; dalla finestra aperta un castagno spinge i rami dentro la camera. A pianterreno son riunite parecchie persone, chiacchierano e guardano scendere la notte sul giardino. Improvvisamente, qualcuno indica il castagno:«Guarda, guarda! Ma cos’è, c’è vento?». La cosa fa meraviglia, vanno fuori sulla gradinata esterna: non un alito; ciononostante il fogliame si agita. In quel preciso momento un grido! Il marito dell’ammalata si lancia per le scale e trova la sua giovane moglie, ritta sul letto, che indicava col dito l’albero e cade morta; il castagno ha ritrovato la sua consueta immobilità. Cosa ha veduto la donna? Un pazzo è scappato dal manicomio: è forse lui che, nascosto nell’albero, s’è affacciato con il suo viso stravolto. È lui, deve essere stato lui

LETTERE A UN GIOVANE POETA

Egregio signore, la sua lettera mi è giunta solo alcuni giorni fa. Voglio ringraziarla per la sua grande e cara fiducia. Poco altro posso. Non posso addentrarmi nella natura dei suoi versi, poiché ogni intenzione critica è troppo lungi da me. Nulla può toccare tanto poco un’opera d’arte quanto un commento critico: se ne ottengono sempre più o meno felici malintesi. Le cose non si possono tutte afferrare e dire come d’abitudine ci vorrebbero far credere; la maggior parte degli eventi sono indicibili, si compiono in uno spazio inaccesso alla parola, e più indicibili di tutto sono le opere d’arte, esistenze piene di mistero la cui vita, accanto all’effimera nostra, perdura. Ciò premesso mi sia consentito dirle che i suoi versi, pur non avendo una natura loro propria, hanno però sommessi e velati germi di una personalità. Con più chiarezza lo avverto nel’ultima poesia, La mia anima . Qui, qualcosa di proprio vuole farsi metodo e parola. E nella bella poesia A Leopardi affiora forse una ce

TEETETO

SOCR. Stare contenti al senso ovvio delle parole e delle espressioni, e non ricercarvi dentro con sottigliezza, è cosa il più delle volte tutt’altro che ignobile, ed è segno anzi di piccineria d’animo fare l’opposto: ma si danno casi in cui ciò è necessario; come appunto è necessario riprendere ora la risposta che tu hai dato, dove non è giusta. Considera bene: quale di queste due risposte è più giusta, dire che gli occhi sono la cosa «con la quale» vediamo, oppure «mediante la quale» vediamo; dire che gli orecchi sono la cosa «con la quale» udiamo, oppure «mediante la quale» udiamo? TEET. Meglio mi par dire, o Socrate, «mediante cui» abbiamo queste singole sensazioni, anzi che «con cui». SOCR. E di fatti strano sarebbe, o figlio, se un numero indefinito di sensi avessero lor sede in noi come dentro a cavalli di legno, ma poi non si ricongiungessero tutti insieme in un’unica idea, sia essa anima o come altrimenti si debba chiamare, «con la quale», «mediante questi sensi» a guisa di org

MICHEL FOUCAULT, LE PAROLE E LE COSE

Che articolazione c'è fra Le parole e le cose e la Storia della follia? La Storia della follia era a grandi linee la storia della divisione, la storia soprattutto di una certa frattura che ogni società è obbligata a istituire. Invece, in questo libro ho voluto fare la storia dell’ordine, dire in che modo una società riflette la somiglianza delle cose fra loro e la maniera in cui le differenze fra le cose possono essere controllate, possono organizzarsi in reti, disegnarsi secondo schemi razionali. La Storia della follia è la storia della differenza, Le parole e le cose la storia della somiglianza, del medesimo, dell’identità. Nel sottotitolo che ha dato al libro si ritrova la parola “archeologia” che era già nel sottotitolo della Nascita della clinica , e che compariva già nella prefazione della Storia della follia . Con “archeologia” vorrei designare non esattamente una disciplina ma un campo di ricerca, che sarebbe il seguente. In una società le conoscenze, le idee filosofich

IL PRINCIPE

3 E per chiarire meglio questa parte dico come è grandi si debbono considerare in dua modi principalmente: o si governarono in modo, col precedente loro, che si obligano in tutto alla fortuna, o no. Quelli che si obligano e non sieno rapaci, si debbono onorare e amare; quelli che non si obligano si hanno a esaminare in dua modi: o è fanno questo per pusillaminità e difetto naturale d’animo, allora tu te ne debbi servire, massime di quelli che sono di buono consiglio perché nelle prosperità te ne onori e non hai nelle avversità a temere di loro; ma quando è non si obligano per arte e per cagione ambiziosa, è segno come e’ pensano più a sé che a te; e da quelli si debbe el principe guardare e temergli come se fussino scoperti nimici perché sempre nelle avversità aiuteranno ruinarlo. 4 Debbe pertanto, uno che diventi principe mediante el favore del populo, mantenerselo amico, il che gli fia facile non domandando lui se non di non essere oppresso. Ma uno che contro al populo diventi princi

IL MONDO CHE VORREI

Ed è proprio quello che non si potrebbe quello che vorrei, ed è sempre quello che non si farebbe quello che farei, ed è come quello che non si direbbe che direi quando dico che non è cosi il mondo che vorrei non si può sorvolare le montagne non può andare dove vorresti andare sai cosa c’è ogni cosa resta qui qui si può solo piangere e alla fine non si piange neanche più ed è proprio quando arrivo lì che già ritornerei ed è sempre quando sono qui che io ripartirei ed è come quello che non c’è che io rimpiangerei quando penso che non è cosi il mondo che vorrei non si può fare quello che si vuole non si può spingere solo l’acceleratore guarda un pò ci si deve accontentare qui si può solo perdere e alla fine non si perde neanche più! Vasco Rossi

INTERPRETAZIONE DEL SOGNO E ERMENEUTICA DELLA CULTURA

Lo spunto più importante è fornito dalla corrispondenza scoperta da Freud tra il fenomeno di latenza proprio della nevrosi e il «fenomeno di latenza» che Freud crede di aver scoperto nel giudaismo, tra l’uccisione di Mosè e la riemergenza della religione di Mosè nell’età dei profeti. Cogliamo qui l’intrecciarsi della descrizione clinica, della spiegazione genetica e della spiegazione economica: «Esiste, in un punto, la concordanza tra il problema della nevrosi traumatica e quello del monoteismo ebraico. Questa analogia consiste in ciò che si chiama latenza.». L’analogia, rileva Freud, «è però completa, prossima all’identità». Se si è ammesso lo schema dell’evoluzione della nevrosi – traumatismo precoce, difesa, latenza, esplosione della nevrosi, parziale ritorno del rimosso – l’accostamento tra la storia della specie umana e storia dell’individuo completa l’opera: «Anche l’umanità nel suo insieme è passata attraverso conflitti di natura sessuale-aggressiva, che hanno lasciato tracce

FINE DELLA FILOSOFIA

Ciò che contraddistingue il pensiero metafisico – cioè il pensiero che scandaglia l’ente per sondarne il fondamento – sta nel fatto che esso, partendo da ciò che è presente, rappresenta quest’ultimo nella sua presenza e così lo espone a partire dal suo fondamento come fondato. Che cosa significa parlare di fine della filosofia? Con troppa facilità intendiamo la fine di qualcosa in senso negativo come il semplice cessare, come il venir meno di un progresso, se non addirittura come caduta o incapacità di andare avanti. Al contrario, il parlare di fine della filosofia indica il compimento della metafisica. Ma Vollendung, «compimento», non significa Vollkommenheit , «compiutezza, perfezione», come se la filosofia con la sua fine avesse raggiunto anche la sua massima compiutezza. Non solo ci manca qualsiasi criterio che permetta di valutare la perfezione di un’epoca della metafisica rispetto a un’altra, ma non sussiste in generale nemmeno il diritto di valutarle in questa maniera. M. Heide

TRUTZY

CANTO DEL GALLO DEL POSITIVISMO

Storia di un errore 1. Il modo vero, attingibile dal saggio, dal pio, dal virtuoso, - egli vive in esso, lui stesso è questo mondo. (La forma più antica dell’idea, relativamente intelligente, semplice, persuasiva. Trascrizione della tesi “Io, Platone, sono , la verità”). 2. Il mondo vero, per il momento inattingibile, ma promesso al saggio, al pio, al virtuoso (“al peccatore che fa penitenza”). (Progresso dell’idea: essa diventa più sottile, più capziosa, più inafferrabile – diventa donna, si cristallizza..). 3. Il mondo vero, inattingibile, indimostrabile, impromettibile, ma già in quanto pensato una consolazione, un obbligo, un imperativo. (In fondo l’antico sole, ma attraverso nebbia e scetticismo; l’idea sublimata,pallida, nordica, königsbergica). 4. Il mondo vero – inattingibile? Comunque non raggiunto. E in quanto non raggiunto, anche sconosciuto. Di conseguenza neppure consolante, salvifico, vincolante: a che ci potrebbe vincolare qualcosa di sconosciuto?... (Grigio mattino. Pri

AMICIZIA

Allora la scelta di vivere insieme [con gli amici] considerando la questione da un certo punto di vista si potrebbe crederla sciocca: in primo luogo a proposito delle cose che sono comuni anche agli altri animali, come il mangiare insieme e il bere insieme: che differenza c’è, infatti, nel fare queste cose stando vicini o separati, se eccettui il discorrere? D’altra parte, anche partecipare a un discorso di quelli che comunemente si fanno è un altro caso simile; e inoltre per gli amici che siano autosufficienti non è possibile né insegnare, né imparare: infatti chi impara non è lui nella condizione dovuta e se invece insegna non lo è l’amico, ma è amicizia la somiglianza. Eppure è una cosa evidente e tutti proviamo maggiore piacere nel condividere i beni con gli amici, per quanto appartiene a ciascuno e quanto migliore è possibile che sia il bene – senonché con uno degli amici condividiamo il piacere fisico, con un altro la contemplazione dell’arte, con un terzo la filosofia. All’amico

TEORIE ETICHE CONTEMPORANEE

I diversi tentativi di correggere le disfunzioni della libera concorrenza instaurando una giustizia utilitaristica o di uscire dalla semplice regola dell’interesse individuale avevano urtato contro difficoltà gravissime. La scuola economica di Cambrdge, soprattutto con Pigou, aveva tentato di dar sostanza al programma utilitaristico, identificando una specie di «calcolo sociale», da contrapporre al puro calcolo economico e da impiegare nelle situazioni lontane dall’equilibrio, nelle quali può intervenire un’apposita politica economica, capace di migliorare in modo stabile la condizione dei più poveri. Per formulare questo programma era stato impiegato il linguaggio utilitaristico, contrapponendo il calcolo del prodotto sociale a quello del prodotto commerciale, tenendo cioè conto delle sofisticazioni degli attori sociali. Questa posizione però presupponeva la possibilità di misurare esattamente le soddisfazioni, cioè una teoria almeno tanto potente quanto l’edonismo che la tradizione a

ETICA DEGLI ANTICHI

Ai nostri occhi, c’è invero un’eccezione in questo quadro stagnante, ed è costituita dagli stoici, con il loro profondo radicamento nella società romana, da Seneca a Marco Aurelio: ma si tratta, appunto, di stoici latini, senatori o imperatori ma non filosofi di professione, che vengono perciò ignorati dall’elaborazione e dal dibattito delle scuole ufficiali, e greche, di filosofia. Queste conoscono invece verità per così dire subliminali, che consistono in una diffusa permeabilità di linguaggi, in una progressiva assimilazione concettuale, inevitabili, del resto, dopo tanti secoli di confronto e di discussione. Così accade che un platonico come Plutarco adotti la dottrina peripatetica della «misura nelle passioni» ( metriopatheia ), al pari di Alcinoo, autore di un manuale di filosofia platonica, il Didaskalikos . Quest’ultimo riecheggia dalla tradizione platonica (mediata nel I secolo a. C. da Eudoro) il tema del «farsi simile a Dio» (181, 16.35) come fine della vita; ma il suo ling

ENNEADI

Altri si sollevano un po’ dalla bassura, poiché la parte più nobile dell’anima loro li sospinge dal piacere alla bellezza; ma poiché non riescono a vedere le altezze – privi di altro sostegno cui appoggiarsi – precipitano in basso insieme con la loro decantata virtù all’agire pratico, cioè alla scelta tra le cose vili e basse donde prima avevan pur tentato di sollevarsi. V’è, infine, una terza schiera: uomini divini di più forte vigore e di sguardo più acuto che san vedere, come per una suprema intensità visiva, lo splendore superno e s’innalzano fin lassù quasi al di sopra delle nubi e della caligine terrena ed ivi dimorano disdegnando le cose tutte del mondo e deliziandosi di quel luogo – bene verace e avito – come un uomo che da tanto vagabondaggio abbia fatto ritorno alla patria sua, retta da buone leggi. Ora, qual è questo luogo? E come vi si può giungere? Può giungervi colui che è di sua natura amante, colui che davvero, per costituzione, originariamente, ha vocazione alla filoso

DIARIO DI UN SEDUTTORE

Com’è bello essere innamorati, e com’è interessante sapere di esserlo! Ecco la differenza. Io potrei impazzire al pensiero che per la seconda volta ella mi è sfuggita, e tuttavia in un certo senso un tal pensiero mi rallegra. L’immagine che serbo di lei oscilla vagamente tra la sua figura vera e quella ideale. E io lascio che questa immagine mi si mostri, sicché il suo fascino consiste appunto nella possibilità che essa ha di essere la realtà stessa oppure dalla realtà cagionata. Io non provo nessuna impazienza, considerato che ella deve abitare qui in città, e per il momento ciò mi basta. Questa possibilità è condizione perché la sua immagine, quella vera, possa mostrarsi: ogni cosa va goduta a suo tempo. E non dovrei rimanere tranquillo, io che posso considerarmi nella grazia degli dei, visto che mi toccò in sorte la rara felicità di innamorarmi di nuovo? Questo è già qualcosa, quale nessuna arte e nessuno studio possono procacciare; è insomma un dono. Ma se m’è stato concesso di pot